02 novembre 2025

CJANTS DI UN MUART: IN RICORDO DI PIERPAOLO

 

Cui a vivia enciamò

par la strada di San Zuàn

davòur di chej murs

pierdùsa ta l'aria inglasada?

A bat na ciampana.

I soj muart.(1)

Questi versi sono tratti da "La meglio gioventù", l'ho scelta perché oggi è il giorno di ricordo dei defunti. Un giorno particolare per tutti coloro i quali hanno avuto a che fare con la morte. Esiste qualcuno che non l'ha incontrata? Proprio no. In questa giornata io mi sento particolarmente in sintonia con quanti hanno lasciato questo mondo, da anni ormai non mi pongo più troppe domande, tipiche di un'età adolescenziale dove vorresti sapere che cosa si prova a morire e dove si va dopo morti. Queste domande le lascio ai più giovani, mi limito a ricordare, a far rivivere quanti ci hanno lasciato attraverso le loro immagini, alcuni oggetti che sono loro appartenuti, alcuni scritti.

In questa giornata, ho molti cari da ricordare e tra loro c'è anche Pierpaolo. Lo chiamo in maniera amichevole così. La piccola poesia che ho scelto di mettere come incipit sembra una profezia, io sono morto. Esattamente cinquanta anni fa succedeva, e lui è morto come i racconti delle tante vite violente che ha narrato.

Si sta facendo un gran baccano attorno a questa morte e in occasione dei cinquant'anni molti hanno parlato presumendo di sapere che cosa avesse detto o pensato o tramato Pierpaolo.

E' stato per me un maestro, prima di tutto di poesia. Le sue poesie hanno funzionato per me come viatico educativo, raccontano la vita, quella vera, la spiritualità profonda, l'amore.

Maestro nei suoi scritti politici, in tutto ciò che prevedeva e che oggi si realizza puntualmente: era un intellettuale a tutto tondo e non si lasciava intimorire da chi pretendeva di farlo tacere. I suoi film, crudi e fastidiosi sono stati lo specchio di una realtà che al mondo perbenista e borghese stava molto scomoda.

E poi che dire de Il sogno di una cosa, il nostro Friuli tanto amato. L'ho riletto da poco e rivedo i luoghi, amo questa terra, rivedo quel ragazzo assieme alla sua amata Susanna, l'amore per la madre, l'amore per la lingua friulana, per gli amici di paese.

Sono molto d'accordo con quanto dice Ascanio Celestini, oggi stesso la RAI ripropone "Museo Pasolini". Celestini sostiene che tutti vogliono far parlare Pasolini ma pochi attingono effettivamente a quello che ha scritto, e lui ha scritto tantissimo. Celestini cerca di dar voce al vero Pasolini, per questo mi sento di ringraziarlo. Del resto, anche Celestini fa teatro civile così come Pierpaolo faceva poesia civile.

Lo ricordo e rileggo Poesia in forma di rosa e si, aveva un rapporto particolare con la morte, anche con la sua di morte. Chissà se viene studiato Pierpaolo alle superiori, chissà ...

(1)Chi vive ancora per la strada di San Giovanni, dietro quei muri persi nell'aria ghiacciata? Batte una campana. Sono morto. Tratto da La nuova gioventù, Torino, Einaudi 1975, parte prima: La meglio gioventù (1941-43) p 19




24 ottobre 2025

NONNITUDINE A VICENZA CON I NIDI

 


Vicenza. Una splendida sala presso l'ex Centrale del Latte.
A prendermi per mano e accompagnarmi nel percorso di presentazione del libro "Da madre a nonna" Rossana Bernardinello,  coordinatrice psicopedagogica, consulente e formatrice.
La sala piena di nonne e nonni e tante educatrici.
Il taglio proposto da Rossana è stato spiccatamente psicopedagogico, una sorta di viaggio all'interno di tutte le possibilità di vivere la dimensione della nonnitudine senza trascurare l'approccio legato ai nidi.
Si è parlato tanto di educatrici e nidi, argomento da me trattato con abbondanza nel libro e abbiamo colto l'occasione per recuperare stralci della nostra storia condivisa. Personalmente ho citato molto Maria Montessori, non potrebbe essere diversamente, ma anche Grazia Honegger Fresco che mi è stata maestra e dalla quale ho imparato moltissimo per quanto riguarda il delicato e splendido mondo legato ai nidi.
Il pubblico attento ha fatto domande centrate e competenti.
Rossana, con la sua delicatezza e curiosità si è dimostrata una ottima intervistatrice, mi sono sentita pienamente condotta per mano all'interno di un confronto bello e arricchente.
Le educatrici hanno vissuto questo momento come una pillola formativa; dal canto mio, ho imparato una volta in più tanto da loro, dalle loro domande, dai loro interventi.
Sono giornate intense in cui mi sono dedicata alla presentazione di questa mia ultima fatica, edita dalla casa editrice La Meridiana.
Ogni presentazione ha avuto il suo perchè, a Limena la centratura sulle nonne in divenire e sul rapporto con i genitori dei bambini e bambine; a Cavazzale una modalità più estemporanea, come ha ricordato Claudio Riva, quasi un filò .
A Vicenza una tappa formativa.
Grazie a quanti e quante hanno accolto con favore questo mio lavoro, è stato ovunque bello e stimolante, un bel viatico per questo manuale che spero possa essere di aiuto a molti e molte.

20 ottobre 2025

CONVEGNO OUTDOOR EDUCATION A GORIZIA


 Non peccherò di immodestia se confesso di essere molto soddisfatta per il convegno svoltosi sabato 18 ottobre a Gorizia. L'aula magna dell'Università di Trieste a Gorizia era stracolma. duecento partecipanti tra insegnanti, allievi di Scienze della Formazione, educatori. Un successone.

Seconda prova per ARPA FVG, dopo lo scorso anno l'esperienza si è ripetuta ma questa volta con tanto tanto valore aggiunto.

La parola d'ordine che ha consentito il successo è stata senza dubbio COESIONE. Avere una sala strapiena di sabato per un impegno durato dalle 9 del mattino alle 17,30 del pomeriggio è abbastanza eccezionale.

Il tema era senz'altro di altissimo interesse, insegnanti motivati, attenti, desiderosi di confrontarsi tra di loro e con chi ha condotto i laboratori.

Punta di diamante il professor Roberto Farnè che, intervistato dalla sottoscritta, ha illuminato le menti dei partecipanti dando spunti di riflessione e indicazioni pratiche su come muoversi all'interno del vasto mondo chiamato outdoor education.

Ritorno al concetto di coesione: il convegno è stato il punto di arrivo delle giornate dedicate all'educazione ambientale ma la forza è data dall'impegno di tutti gli enti regionali che si occupano di ambiente. Un lavoro costruito da un anno a questa parte con incontri puntuali per arrivare alla definizione di un Patto per l'educazione ambientale.

Personalmente sono cresciuta tantissimo in questo anno abbondante, ho conosciuto le varie realtà, ho incontrat mondi simili e al contempo diversi, ho potuto ascoltare punti di vista diversi e negoziare assieme a loro per arrivare alla scrittura di un documento comune. In quanto supervisore e coordinatore di progetto non posso che dirmi pienamente soddisfatta. Non sono mancate alcune piccole difficoltà soprattutto con elementi di tipo burocratico, ma il risultato è giunto.

Abbiamo creato un gruppo che sta volentieri assieme, il convegno è stato la degna conclusione di un cammino che sta appena iniziando. Non occorre dire che l'impegno è stato grande e il desiderio di continuare a lavorare assieme è forte e consapevole.

Il grazie va senza dubbio al gruppo LaREA di ARPA che ha messo a disposizione mezzi e risorse umane prime fra tutti Paolo e Giada senza nulla togliere ad Anna e Pietro, Francesco e gli altri.

L'Assessorato all'Ambiente ha creduto in questa possibilità e grazie ai fondi stanziati il tutto ha preso forma.

Stiamo già immaginando il prossimo convegno, sarà strepitoso e il grazie va a tutte le persone che hanno collaborato con tanta professionalità e passione.

La strada è appena inziata.

16 ottobre 2025

15 OTTOBRE GIORNATA INTERNAZIONALE DELL'ALIMENTAZIONE

Giornata internazionale dell’alimentazione, il focus su tutte quelle persone che non riescono a nutrirsi a sufficienza, che vanno a letto senza cena e non per una punizione data dai genitori.

Il tema della fame nel mondo è antico e al contempo moderno, la FAO celebra i suoi ottant’anni e nonostante l’impegno di molti la piaga della malnutrizione non cala.

Abbiamo visto anche utilizzare la fame come arma bellica, a Gaza sono moltissime le vittime per fame e cito solo Gaza per stare nell’immediata attualità.

C’è poi un controaltare, l’allarme sventolato dai pediatri di tutto il mondo (o meglio dell’occidente economico) relativamente all’eccesso di nutrizione. Un bambino su 3 è in eccesso ponderale e dai dati del 2023 circa il 9% dei bambini e bambine sono obesi. Il nuovo rapporto Feeding Profit: How Food Environments are Failing Children si basa su dati provenienti da oltre 190 paesi e rileva che la diffusione del sottopeso tra i bambini e le bambine di età compresa tra i 5 e i 19 anni è diminuita dal 2000, passando da quasi il 13% al 9,2%, mentre i tassi di obesità sono aumentati dal 3% al 9,4%.

C’è poi un altro dato ugualmente allarmante, l’incremento significativo dei disturbi alimentari in particolare anoressia e bulimia.

Il 30% delle persone colpite da un disturbo del comportamento alimentare ha meno di 14 anni. Molte diagnosi arrivano già tra gli otto e i 10 anni

Immaginiamo un alieno che osserva il pianeta terra, che idea si può fare di questo elemento bizzarro che viene chiamato uomo?

Milioni di persone malnutrite, milioni di persone sovranutrite. O si muore per mancanza di cibo o si muore per eccesso di cibo (per le patologie ad esso correlate).

Dove stiamo andando?

E’ davvero sconvolgente questo quadro che riguarda noi tutti.

Il mondo affamato è frutto dell’ingordigia del mondo ricco e sprecone. Ci sono convegni di ogni tipo e tentativi di sensibilizzazione sia per quel che concerne la fame nel mondo sia per le corrette indicazioni nutrizionali ma sembra che nulla riesca a scalfire la nostra comfort zone.

Vince il post narcisismo dove è importante soddisfare me stesso e la mia pancia, fare ciò che mi piace e soddisfa in barba al resto del mondo.

Come fanno a stare insieme obesità e morti per fame?

La risposta sta forse nelle patologie alimentari, nel desiderio di sparire di quanti non riescono a trovare una propria collocazione in questo mondo. Mangiare fino a scoppiare o sparire per l’eccessiva magrezza.

Non si può tagliare il problema con l’accetta, il tutto è estremamente complesso ma stare “sul pezzo” quando si va a fare la spesa o si mette un piatto in tavola potrebbe essere un buon inizio.

03 ottobre 2025

ANCHE IO HO RICAMATO PER GAZA



 Ho aderito alla campagna Arte tessile per Gaza, un' idea nata da Cristina Pedrocco ed Elena Gradara. Scrivere attraverso ago e filo i nomi dei bambini trucidati a Gaza.

Appena il Ricamificio di Forni di Sopra ha aderito e ha proposto a una rete di amiche di esserci, non ho esitato, ho voluto dare il mio contributo.
Tutti i nomi dei bambini e bambine sono stati  recuperati dalla lista pubblicata dal Washington Post e da Al Jazeera.
Tanti, troppi nomi, un numero impressionante. Le referenti hanno creato una sorta di staffetta: sono stati suddivisi i nomi  e ognuno e ognuna di noi ha ricamato con filo nero su di un lenzuolo bianco.
Il lenzuolo costituirà una sorta di sudario gigantesco, misurerà 250 metri e sarà portato nelle varie città italiane. Ci saranno 18,000 nomi e non sono ancora tutti. I numeri del massacro di questo genocidio sono da paura, mentre ricamavo con pazienza i miei nomi - avevo sei bambini da ricordare - confesso che le lacrime hanno bagnato il lenzuolo.
I "miei" bambini e bambine erano tutti al di sotto dei 10 anni.
Punto dopo punto sentivo la fatica di scrivere nomi per consegnarli al mondo, nomi di bambini che sono deceduti in maniera terribile, chi bombardato, chi vinto dalla fame.
Ho cercato di dare un senso a quanto stavo facendo, ho impiegato una settimana suddividendo i punti, dandomi un ritmo come fosse una preghiera, una novena da recitare. Ho ricamato in silenzio, senza alcuna distrazione, concentrata sul significato che questo gesto simbolico ha e potrà avere.
Le mani di tante donne, forse anche di qualche uomo, si sono mosse caute a disegnare con un filo nero, colore della morte, nomi di creature strappate alla vita, al respiro, alla gioia. 
Il futuro si cancella quando muoiono bambini, il mondo deperisce e quei nomi ricamati dalle mie mani si sono ampliati, le mie lacrime non sgorgavano solo per quei bambini ma anche per gli altri, per tutti i bambini e  le bambine del mondo vittime della follia della guerra e delle carestie.
Abbiamo ricamato una semplice tela bianca, abbiamo siglato con il colore nero i nomi di chi non c'è più. E' un mantra che mi sono ripetuta giorno dopo giorno.
Questo simbolo verrà portato in giro, verrà esposto come un sudario, chi avrà modo di incontrarlo ricordi che non si può rimanere in silenzio, non si può fingere che tutto ciò non accada.
Paradossalmente mi viene spontaneo citare un autore significativo, Primo Levi, che in apertura al suo libro La tregua utilizza una poesia:
(...) Meditate che questo è stato: 
Vi comando queste parole.
Scolpitele non vostro cuore
Stando in casa o andando per via
Coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli
O vi si sfaccia la casa
La malattia vi impedisca
I vostri nati torcano il viso da voi.
Le ha scritte chi ha vissuto l'olocausto, un ebreo che ha raccontato il dramma terrificante del nazismo.
Ricamando i nomi di quei bambini morti a Gaza, non posso che pensare al significato di ciò che gli israeliani stanno facendo, i figli del popolo eletto, i discendenti delle vittime dell'olocausto.
Meditate... non si può più stare in silenzio

Scritto mentre la Global Sumud Flotilla è stata fermata in acque internazionali dagli israeliani.



 

26 settembre 2025

VIBRAZIONI CONSONANTI: IMPORTANZA DELLA MUSICA


Bellissima occasione quella offerta dalle Dolomiti Mountain School, ragionare sulla musica e sull'importanza che quest'ultima ha nella costruzione di un'identità sociale, ambientale, spirituale soprattutto nelle Terre Alte. Da abitante delle Terre Alte non potevo non metterci il naso...
Fra le tante relazioni molto interessanti una in particolare mi ha colpito, quella dell'antropologo culturale Gian Paolo Gri, già docente all'Università degli studi di Udine.
Nel suo intervento ha raccontato come la musica non sia solo divertimento, spettacolo, esibizione o godimento individuale.
Ha messo in relazione l'importanza della montagna nella capacità di generare musica per un compositore, il silenzio quale componente essenziale per un'osservazione pulita, le emozioni che poi vengono tradotte in note.
Ha parlato anche degli strumenti tipici della gente di montagna, dall'antico corno ai più raffinati strumenti moderni.
La musica si genera dal silenzio. La musica è data in natura, esiste prima di te, ha sottolineato il docente.
La parte più interessante è stata senza dubbio quella legata alla funzione della musica. Nei tempi passati la musica aveva una funzione ben precisa, l'elemento più pregnante era senza dubbio quello sociale.
Non si suonava per suonare e basta e non si cantava per cantare e basta. Si suonava per stare assieme, per far ballare nelle danze tradizionali legate ai vari momenti dell'anno, festivi come liturgici. Una musica che aggrega, il canto che fa un insieme. 
Oggi siamo abituati alla  musica passiva, una musica sparata per ogni dove. 
Come ha ricordato Nicola Piovani, oggi siamo dentro una condizione simile a quella a cui sono sottoposte vacche e galline. La musica favorisce la produzione di latte, la produzione di uova (sono molti gli allevamenti che utilizzano la musica per questo scopo), nei bar e supermercati la musica stimola l'acquisto. Siamo come polli e vacche, sottoposti a musica passiva che non abbiamo richiesto ma ci viene affibbiata anche se non lo vogliamo.
Musica passiva, non quella terapeutica scelta da un medico per favorire una concentrazione o migliorare alcune capacità cognitive. Musica passiva perchè non richiesta ma con lo scopo di far aumentare il desiderio di acquistare, bere, mangiare.
Mi viene naturale pensare alla vera funzione aggregativa dell'esperienza musicale, a quanto faccia bene cantare in un coro, suonare in una banda o in un'orchestra.
Il confronto con ciò che dovrebbe fare la scuola viene immediato.
Come si studia la musica a scuola? Si continua a fare storia della musica e gli strumenti sono banalizzati creando una dimensione appiattente: tutti suonano i legnetti o il flauto.
Ci sono scuole attente e virtuose ma ancora troppo poche.
La musica è espressione, è messa in sintonia con quello che Edwin E. Gordon chiamava il proprio io sonoro. Già i neonati hanno dentro una melodia, una loro musica. L'esperienza di Musica in fasce lo dimostra. (Ricordo il bellissimo lavoro fatto da Roberto Spremulli a questo riguardo).
Oggi purtroppo si tende ad avvicinare alla musica in maniera individuale. Imparare a suonare uno strumento per fare concerti, magari diventare famosi. I talent sono ghiotti di bambini prodigio.
Sarebbe molto interessante riprendere il significato profondo di socializzazione magari attraverso l'esperienza del coro.
Dai tre anni in poi si possono già creare piccoli cori, insegnando ai bambini a creare una cosa sola grazie al contributo di tutti.
L'esperienza del coro ha un'importanza davvero molto pregnante. Un esempio molto significativo è dato dai Freevoices. Iniziato con un gruppetto di liceali, il progetto Freevoices oggi è un coro strepitoso che porta gentilezza, allegria, armonia e tanta simpatia in giro per Italia ed Europa. 
In Alto Adige (accipicchia, sempre loro) l'esperienza bandistica inizia a scuola, a partire dalla scuola dell'infanzia, Ancora oggi i bambini e i ragazzi suonano in occasione di varie cerimonie o in momenti importanti della comunità.
Si potrebbero copiare? Invece di cercare fama e notorietà individuale partecipando a quelle squallide trasmissioni televisive non sarebbe tanto più bello fare esperienza comunitaria?
Gian Paolo Gri ricordava proprio questo, l'importanza sociale e comunitaria del cantare assieme, del suonare assieme. 
Sapremo mai riprendere in mano questa cosa, allontanandoci un po' da tik tok e instagram?



23 settembre 2025

LA RAGIONE AFFETTIVA DELLO SMARTPHONE


 Con molto piacere ho seguito una lezione con Gustavo Pietropolli Charmet. Il tema era legato alla scuola e all'utilizzo o meno degli smartphone.
Si sono aperti gli scenari più vasti, con le dovute specifiche riguardanti il grado di scuola e dunque la necessità di integrare le nuove tecnologie all'interno di una riflessione didattico educativa significativa.
Il tema più interessante portato da Charmet è stato proprio il legame che ognuno di noi, gli adulti e non i ragazzi, hanno con questo nuovo strumento.
Provocatoriamente Charmet ha chiesto di andare a verificare quali possono essere le ragioni affettive dello smartphone.
Perché non riusciamo a staccarci?
Che cosa ha da dirci di così importante?
Come mai è diventato il prolungamento del nostro braccio?
Che cosa ci cattura così tanto da non lasciare lo strumento nemmeno un attimo?
Ha lanciato domande che credo assolutamente necessarie in un mondo continuamente volto a puntare il dito contro i più giovani impedendo di fare un'analisi e di trarre le dovute considerazioni sugli adulti.
Matteo Lancini ha, quale cavallo di battaglia da sempre, l'auto-osservazione del mondo adulto che implicitamente diventa educativo.
Sostiene che è un controsenso pensare di togliere lo smartphone ai ragazzi quando fin dalla prima infanzia hanno visto questo aggeggio nelle mani dei genitori e di tutti gli adulti in genere.
Riprendendo Charmet, condivido il suo approccio a queste nuove tecnologie. 
Questi strumenti hanno catturato la nostra quotidianità tanto da farli diventare il centro di ogni nostra azione, dal cercare un ristorante, a farci da guida stradale, dai comodi acquisti in rete alla consultazione di una ricetta di cucina o dell'orario della metro.
Se tutte queste sono comodità, la parte positiva dell'utilizzo, la domanda sorge rispetto al proprio tempo libero. L'abitudine a fare scrolling è visibile ovunque.
Dopo quella interessantissima lezione ho voluto fare una prova.
Io non sono attiva sui social, non ho Instagram, X e altri canali. Mi limito al mio sito e alla divulgazione di qualche articolo o presentazione di libri. Sul mio smartphone ho provato a osservare le visualizzazioni del mio stato. Ho messo qualche frase, qualche locandina e poi ho verificato il numero di persone che lo guardano. Sono numeri molto alti e non perché queste persone siano realmente interessate ai contenuti che metto, compreso il link a questo articolo. Risulta assolutamente evidente che c'è un guardare gli stati per sport, per inedia, per combattere le noia. Prova ne sia che molto raramente c'è un commento.
Le persone in genere quando hanno un attimo libero scrollano lo smartphone.
Da educatori (tutti lo siamo, non solo i professionisti) dobbiamo essere più che consapevoli che sono messaggi concreti dati ai più piccoli. Questo aggeggio è la cosa più importante che possa esistere ormai sulla faccia della terra.
Esagero, d'accordo, ma osserviamoci, è davvero un dato di fatto. C'è una ragione affettiva dello smartphone, mi impedisce di sentire il silenzio, di vivere la dimensione del vuoto e della solitudine, mi dà l'illusione di essere sempre in contatto con qualcuno. Mi dà l'illusione di essere visto e ascoltato. Mi consente di sfilarmi dalla fatica di incontrare lo sguardo dell'altro, di litigare se necessario, di dire la mia opinione, di provare a costruire un dialogo vero e non filtrato da uno schermo che mi inebria e mi cattura.
Lo smartphone è utilissimo, ma la schiavitù che ne è derivata è davvero da prendere in considerazione. Regole per i ragazzi? Io direi prima di tutto regole per noi adulti.


CJANTS DI UN MUART: IN RICORDO DI PIERPAOLO

  Cui a vivia enciamò par la strada di San Zuàn davòur di chej murs pierdùsa ta l'aria inglasada? A bat na ciampana. I soj muart.(1) Que...