Siamo vicini alla scadenza per quanto concerne l’iscrizione
a scuola. Ogni ordine e grado prevede una preiscrizione entro la fine di
gennaio. Fino a qualche anno fa il
“problema” si presentava allo scadere della terza media. Si andava a vedere la
nuova scuola e il cruccio degli studenti era enorme, il primo salto nel buio
per una nuova avventura. La scelta era difficilissima allora come oggi,
l’inevitabile incapacità di decidere a quattordici anni è rimasta invariata.
Raramente i genitori venivano coinvolti in quelle che non si
chiamavano open day ma semplicemente scuole aperte agli studenti. Da un
po’ di anni il fenomeno ha iniziato a riguardare anche la scuola secondaria di
primo grado, i genitori attentissimi vanno a vedere quale possa essere la
struttura migliore per i propri figli, quali opportunità vengono proposte,
quali insegnamenti e via dicendo. Anche la primaria è stata via via coinvolta
e, udite udite, persino la scuola dell’infanzia.
Quando mia figlia mi ha comunicato che era andata all’open
day di una scuola dell’infanzia mi è venuto da sorridere. Ho ovviamente
apprezzato l’interessamento ma mi sono chiesta se debba essere tutto così
complicato a partire dai tre anni di vita.
La scuola vicino a casa era l’ipotesi migliore, la
possibilità di frequentare bambini dello stesso rione, creare comunità.
Mi rendo conto che sto vagheggiando un mondo che non esiste
più. Nella scelta di che scuola far frequentare ai propri figli la vicinanza da
casa e la costruzione della comunità vale per pochissime persone e più che
altro per realtà molto circoscritte.
Ci sono ovviamente i temi legate a un welfare che non
sostiene le madri lavoratrici, ma entreremmo in un mondo inaccessibile.
Ma non è di questo che volevo parlare oggi, bensì della
richiesta di consulenza da parte di molti genitori sull’opportunità o meno di
anticipare l’ingresso scolastico dei propri figli.
La questione viene posta talvolta dagli insegnanti che
colgono potenzialità grandi nei piccoli allievi, a volte invece da parte dei
genitori spesso molto innamorati dalle competenze dei figli.
I bambini sono svegli, molto svegli mi viene da dire, ma
pensare di anticipare un ingresso scolastico è materia scottante.
Bambini e bambine iperstimolati arrivano all’età di cinque
anni con competenze intellettive avanzate, sovente sanno già scrivere e
leggere, la scuola dell’infanzia in parecchi casi insiste molto sul pregrafismo
se non addirittura sulla lettoscrittura vera e propria.
La competenza cognitiva si riscontra spesso, questo è vero e
c’è pure l’idea della plusdotazione
Mi capitano genitori convinti di avere piccoli geni, e il
bambino ha quattro anni!!
Riconoscere le lettere, saper scrivere e leggere non
significa necessariamente essere pronto a richieste un po’ più alte come quella
della scuola primaria.
Non bastano questi skills per essere maturi al salto
di scuola.
Con i genitori cerco di esplorare le autonomie dei piccoli,
la capacità di stare nel gruppo, di gestire le frustrazioni, di stare attenti e
fermi per un tempo moderatamente lungo, la capacità di problem solving,
tutta una serie di osservazioni assolutamente necessarie per capire di che bambino
stiamo parlando.
Sovente le anticipazioni scolastiche creano disagio nei
bambini, vengono trattati da “più piccoli”, fanno fatica a stare dentro
relazioni con pari più grandi che sottolineano la cosa.
Il gruppo dei pari è importante anche a sei sette anni,
questo non dobbiamo dimenticarlo.
C’è poi un altro elemento da non sottovalutare, la capacità
di attesa. Spesso anticipare significa saltare delle tappe, pensare che ogni
cosa possa essere fatta in velocità e il tutto subito paga sempre.
Con questo non voglio dire che in alcuni casi
l’anticipazione possa essere indicata. Penso ad alcuni bambini nati i primi
giorni di gennaio, con magari un fratello o una sorella maggiori, svegli e
intraprendenti, curiosi di imparare, attivi sotto l ‘aspetto motorio, capaci di
gestire le emozioni e il proprio corpo, questi senza dubbio sono pronti. Voglio
dire, ogni caso è unico e a sé stante ma soprattutto ogni caso va valutato con
attenzione magari servendosi della consulenza di un esperto di età evolutiva.

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