Freud con il suo studiatissimo Disagio della civiltà metteva in luce il conflitto
tra l’individuo e la società. Era una tensione importante che puntava l’attenzione
sugli istinti primordiali, sull’aggressività, sulla violenza, sugli stupri e
sulla conseguente necessità di mettere sotto controllo questi istinti. Gli
psicofarmaci sarebbero serviti a tale proposito? E gli adolescenti e i bambini
facevano parte di quella umanità da mettere sotto controllo?
Lo so, la sto prendendo un po’ alla larga per presentare uno dei temi a
mio avviso più problematici e faticosi del nostro tempo: l’utilizzo di
psicofarmaci da parte di soggetti in età pediatrica.
E’ uscito il rapporto OsMed di AIFA per il 2024. In meno di dieci anni l’uso
di psicofarmaci è raddoppiato raggiungendo quota 1 su 175 minori. Le medicine
sono prescritte per depressione, psicosi, ADHD. Spesso, questo è bene ricordarlo,
tali farmaci sono off label ovvero farmaci testati sugli adulti e dosati in
maniera inferiore per somministrarli ai più piccoli. Qui si aprirebbe un tema
enorme sulla pericolosità di tale azione, ma non sono medico e pertanto non mi
addentro in questioni che non mi appartengono.
L’indagine sottolinea che i maschietti sono maggiormente utilizzatori
rispetto alle femmine (51,9% contro 49,9%).
Sono molte le domande che mi affiorano alla coscienza: cosa può essere
cambiato di così importante in soli dieci anni? La pandemia, dirà qualcuno, certamente,
ma non può bastare.
Lo pandemia può portare a comportamenti determinati da choc post
traumatico ma alla fine le cose dovrebbero lentamente mettersi a posto, soprattutto
in età evolutiva dove le risorse sono moltissime e la spinta verso la vita è
enorme. Se l’ambiente circostante lavora per contribuire al superamento di tale
choc.
E qui inizia un primo problema. Cosa ha fatto il mondo adulto per aiutare
a superare la questione? Quanto si è posto dalla parte dei più piccoli? Tutte
le promesse fatte durante il lock down che fine hanno fatto? Gli adulti non
sono stati degni di fiducia e i minori li osservano e perdono via via la
fiducia in loro, in noi.
Per il mondo adolescente le prescrizioni di psicofarmaci riguardano
soprattutto il disturbo d’ansia e la depressione mentre i più piccoli sono
vittime nella maggior parte dei casi di sindrome ADHD. Ecco giustificata la
maggioranza di maschi, più soggetti a questa certificazione.
Il mondo adulto tende a puntare il dito sulle nuove tecnologie, ultimamente
mi sembra che sia un ottimo capro espiatorio per togliersi di dosso una
responsabilità ben più ampia.
Haidt o Spitzer hanno scritto molto sulla correlazione tra utilizzo di
videoschermi e depressione, ansia e ADHD ma può bastare solo questo?
Matteo Lancini insiste sulla fragilità adulta e sul desiderio di plasmare
i figli a propria immagine, decidendo di farli vivere le emozioni che i
genitori vogliono vedere, negando cioè il diritto dei minori a emozioni forti e
contrastanti quali la tristezza, il dolore, l’ansia, la paura, la morte.
Io credo che il dibattito sia molto interessante e senza dubbio ognuno di
questi autori ha ragione, così come la proposta di Novara e Pellai di vietare lo
smartphone ai minori di quattordici anni.
Penso che il tema sia senza dubbio difficile da affrontare ma punterei
molto l’attenzione su ognuno di noi, credo doveroso per ognuno guardarsi allo specchio
e chiedersi in che misura ci rapportiamo al mondo, presentiamo questo nostro mondo ai più
piccoli, sosteniamo il coraggio e la voglia di crescere e andare avanti.
La fragilità adulta, penso, è data soprattutto dalla rassegnazione, dal
non saper portare una scintilla di senso nella propria vita e in quella di chi
la vita ce l’ha tutta davanti.
Non saper cogliere la bellezza e lavorare per difenderla, in tutti i
campi.
E mentre sto scrivendo queste parole un’altra ragazzina di soli dodici
anni si è gettata da dieci metri ed è morta.
Non bastano le parole, posso solo empaticamente abbracciare quei genitori
e piangere con loro.

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