25 novembre 2025

VIOLENZA SULLE DONNE: UNA GIORNATA PER DIRE “DEVO ESSERE LIBERA DI DECIDERE”



 

Una giornata contro la violenza sulle donne è un simbolo e serve senza dubbio a far riflettere, ma abbiamo ancora tanta tanta strada da fare.

Il primo necessario pensiero è rivolto ai figli e figlie di queste donne, alle famiglie devastate, madri padri sorelle. Questo pensiero abbraccia certamente tutte le morti ma fra tutte è inaccettabile che si possa uccidere per una scelta di libertà. Le donne ammazzate, nella maggior parte dei casi dai compagni, sono state ritenute proprietà esclusiva, e gli assassini si giustificano dicendo che era amore.

Ad oggi sono 77 i femminicidi effettuati per l’80% per mano di un amore rifiutato. La legge sul consenso è fondamentale, il maschio deve capire che solo con un si detto con convinzione si può procedere a qualunque tipo di effusione. Anche un bacio, anche una carezza. Solo se c’è il desiderio da parte di entrambi ha senso e significato quell’atto.

Il tema è molto difficile da affrontare ma ritengo che riguardi tutti indistintamente.

Racconto un episodio apparentemente banale ma che ha il suo significato.

Alcune sere fa abbiamo proiettato nel mio paese il film “Familia”. Una pellicola dura, senza dubbio difficile ma credo necessaria. Di under trenta c’era una sola persona, le altre presenti, molto poche a dire il vero, erano persone già sensibili e impegnate. Nulla da dire sulla scelta di recarsi o meno al cinema, la mia riflessione va a un colloquio avuto il giorno seguente. Ho chiesto a una conoscente (dovrei imparare a farmi gli affari miei) come mai non è venuta a vedere il film. La risposta è stata: anche se venivo cosa cambia? Potevo fare qualcosa? Io sono a posto.

Possiamo dare ragione a questa persona, anche se veniva non cambiava nulla ma questo è un atteggiamento molto diffuso. Cosa posso fare io? Io a casa sto bene.

Il problema è senza dubbio educativo, dove per educazione intendo un approccio globale della collettività. Il concetto di co-genitorialità è sparito nel nulla. Ognuno è chiuso dentro il suo mondo e spesso è un mondo davvero molto molto piccolo.

C’è una responsabilità generale che non esclude nessuno. Interessa senza dubbio in primis la famiglia: come vengono educati i maschi e le femmine in famiglia. Il consenso parte dalla madre che non si deve lasciar dire o fare certe cose dai figli;

parte dai padri che dovrebbero essere costantemente sul pezzo nei confronti delle loro compagne e dei figli/figlie.

Interessa la scuola che non può fare distinzione tra maschi e femmine considerando i maschietti “naturalmente più aggressivi” come mi ha detto una maestra e le femminucce “deboli da difendere”. Fino a che ragioniamo in questo modo siamo lontanissimi dalla “verità”. Interessa il mondo sportivo, il mondo delle associazioni, il mondo dei media il linguaggio utilizzato, gli stereotipi di genere. Interessa le forze dell’ordine e i medici e infermieri.

La violenza contro le donne è un tema sociale, socio educativo e sanitario. Nessuno escluso.

Potrei raccontare molto ma il mio segreto professionale ovviamente me lo impedisce, ma il sommerso è tantissimo e si continua a guardare il vertice dell’iceberg.

E’ assolutamente necessario fare ognuno la propria parte con convinzione e tenacia.

 

20 novembre 2025

DIRITTI DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI

 


Unicef per questa giornata ha posto l’attenzione sul diritto al gioco. I report sottolineano che un gran numero di bambini e bambine non giocano con i loro genitori, non possiedono giocattoli, non riescono a vivere la spensieratezza dei loro anni.

La carta dei diritti, nata con l’intento di proteggere i minori e farli diventare soggetti attivi per sé e per un futuro degno di questo nome, è stata ratificata da moltissimi stati, ma di diritti se ne vedono ben pochi rispettati.

Il mondo è spaccato in due, un occidente ricco che ritiene superfluo pensare al diritto alla cura, alla casa, all’istruzione, solo per elencarne alcuni, perché li dà per scontati. C’è poi un sud povero che deve pensare a salvaguardare proprio i diritti primari, perché manca acqua, cibo, un tetto, la protezione. Bambini e bambine che vivono in situazioni estreme, dentro guerre assurde (come lo sono tutte le guerre). Bambini e bambine sfruttati, costretti a lavorare, costretti a scappare dalla loro terra, costretti alla prostituzione.

Il quadro generale dell’infanzia è drammatico, il grosso problema però è che, chi sta bene, ha la pancia piena, non ha bisogno di nulla, anzi ha fin troppo, non pensa minimamente a chi invece è privato di tutto.

Diritti dell’infanzia. In questo mondo spaccato in due i paradossi sono all’ordine del giorno.

Ogni bambino e ogni bambina dovrebbero poter avere le stesse opportunità e dunque gli stessi diritti ma il mondo sta andando alla rovescia.

Diritto alla salute, è un caposaldo, peccato che nell’occidente ricco diritto alla salute deve essere declinato con l’eccesso di cibo, la salute è minacciata dal sovrappeso e dall’obesità; dunque, per veder rispettato quel diritto è necessario fornire meno cibo, meno cibo processato, meno junk food.

Nel sud del mondo il diritto alla salute significa lottare contro malattie, poter avere cibo per combattere la denutrizione.

Diritto al gioco.

Nell’occidente ricco c’è bisogno di togliere un po’ di giochi, soprattutto quelli legati alle nuove tecnologie capaci di rimbecillire le menti dei più piccoli, nel sud del mondo diritto al gioco si sposa con il diritto di avere qualche gioco, di non dover lavorare, di poter stare con i propri pari in pace.

Il mondo è ben strano, ho fatto solo un paio di esempi ma potremmo declinarli per tutta la carta dei diritti.

Oggi ho ascoltato tanta retorica, visto tanti lavoretti fatti perché gli adulti hanno chiesto di farli, ma un impegno del mondo politico, sociale, adulto in genere, quello sta mancando. Si va sempre più verso una forte negazione dei diritti, non solo dell’infanzia. La regressione di un mondo che dovrebbe evolvere.

Fino a che si ragiona nell’ottica degli armamenti, con la logica del più forte che vince sempre, con l’idea del nemico che va fatto fuori, non ci sono diritti degni di questo nome perché è facile scriverli sulla carta ma è nell’ogni giorno che si vivono e si rispettano.

13 novembre 2025

MINORI E PSICOFARMACI: DISAGIO DELLA CIVILTA’ ATTO SECONDO? (TERZO, QUARTO…)

Freud con il suo studiatissimo Disagio della civiltà metteva in luce il conflitto tra l’individuo e la società. Era una tensione importante che puntava l’attenzione sugli istinti primordiali, sull’aggressività, sulla violenza, sugli stupri e sulla conseguente necessità di mettere sotto controllo questi istinti. Gli psicofarmaci sarebbero serviti a tale proposito? E gli adolescenti e i bambini facevano parte di quella umanità da mettere sotto controllo?

Lo so, la sto prendendo un po’ alla larga per presentare uno dei temi a mio avviso più problematici e faticosi del nostro tempo: l’utilizzo di psicofarmaci da parte di soggetti in età pediatrica.

E’ uscito il rapporto OsMed di AIFA per il 2024. In meno di dieci anni l’uso di psicofarmaci è raddoppiato raggiungendo quota 1 su 175 minori. Le medicine sono prescritte per depressione, psicosi, ADHD. Spesso, questo è bene ricordarlo, tali farmaci sono off label ovvero farmaci testati sugli adulti e dosati in maniera inferiore per somministrarli ai più piccoli. Qui si aprirebbe un tema enorme sulla pericolosità di tale azione, ma non sono medico e pertanto non mi addentro in questioni che non mi appartengono.

L’indagine sottolinea che i maschietti sono maggiormente utilizzatori rispetto alle femmine (51,9% contro 49,9%).

Sono molte le domande che mi affiorano alla coscienza: cosa può essere cambiato di così importante in soli dieci anni? La pandemia, dirà qualcuno, certamente, ma non può bastare.

Lo pandemia può portare a comportamenti determinati da choc post traumatico ma alla fine le cose dovrebbero lentamente mettersi a posto, soprattutto in età evolutiva dove le risorse sono moltissime e la spinta verso la vita è enorme. Se l’ambiente circostante lavora per contribuire al superamento di tale choc.

E qui inizia un primo problema. Cosa ha fatto il mondo adulto per aiutare a superare la questione? Quanto si è posto dalla parte dei più piccoli? Tutte le promesse fatte durante il lock down che fine hanno fatto? Gli adulti non sono stati degni di fiducia e i minori li osservano e perdono via via la fiducia in loro, in noi.

Per il mondo adolescente le prescrizioni di psicofarmaci riguardano soprattutto il disturbo d’ansia e la depressione mentre i più piccoli sono vittime nella maggior parte dei casi di sindrome ADHD. Ecco giustificata la maggioranza di maschi, più soggetti a questa certificazione.

Il mondo adulto tende a puntare il dito sulle nuove tecnologie, ultimamente mi sembra che sia un ottimo capro espiatorio per togliersi di dosso una responsabilità ben più ampia.

Haidt o Spitzer hanno scritto molto sulla correlazione tra utilizzo di videoschermi e depressione, ansia e ADHD ma può bastare solo questo?

Matteo Lancini insiste sulla fragilità adulta e sul desiderio di plasmare i figli a propria immagine, decidendo di farli vivere le emozioni che i genitori vogliono vedere, negando cioè il diritto dei minori a emozioni forti e contrastanti quali la tristezza, il dolore, l’ansia, la paura, la morte.

Io credo che il dibattito sia molto interessante e senza dubbio ognuno di questi autori ha ragione, così come la proposta di Novara e Pellai di vietare lo smartphone ai minori di quattordici anni.

Penso che il tema sia senza dubbio difficile da affrontare ma punterei molto l’attenzione su ognuno di noi, credo doveroso per ognuno guardarsi allo specchio e chiedersi in che misura ci rapportiamo al mondo, presentiamo questo nostro mondo ai più piccoli, sosteniamo il coraggio e la voglia di crescere e andare avanti.

La fragilità adulta, penso, è data soprattutto dalla rassegnazione, dal non saper portare una scintilla di senso nella propria vita e in quella di chi la vita ce l’ha tutta davanti.

Non saper cogliere la bellezza e lavorare per difenderla, in tutti i campi.

E mentre sto scrivendo queste parole un’altra ragazzina di soli dodici anni si è gettata da dieci metri ed è morta.

Non bastano le parole, posso solo empaticamente abbracciare quei genitori e piangere con loro.



 

02 novembre 2025

CJANTS DI UN MUART: IN RICORDO DI PIERPAOLO

 

Cui a vivia enciamò

par la strada di San Zuàn

davòur di chej murs

pierdùsa ta l'aria inglasada?

A bat na ciampana.

I soj muart.(1)

Questi versi sono tratti da "La meglio gioventù", l'ho scelta perché oggi è il giorno di ricordo dei defunti. Un giorno particolare per tutti coloro i quali hanno avuto a che fare con la morte. Esiste qualcuno che non l'ha incontrata? Proprio no. In questa giornata io mi sento particolarmente in sintonia con quanti hanno lasciato questo mondo, da anni ormai non mi pongo più troppe domande, tipiche di un'età adolescenziale dove vorresti sapere che cosa si prova a morire e dove si va dopo morti. Queste domande le lascio ai più giovani, mi limito a ricordare, a far rivivere quanti ci hanno lasciato attraverso le loro immagini, alcuni oggetti che sono loro appartenuti, alcuni scritti.

In questa giornata, ho molti cari da ricordare e tra loro c'è anche Pierpaolo. Lo chiamo in maniera amichevole così. La piccola poesia che ho scelto di mettere come incipit sembra una profezia, io sono morto. Esattamente cinquanta anni fa succedeva, e lui è morto come i racconti delle tante vite violente che ha narrato.

Si sta facendo un gran baccano attorno a questa morte e in occasione dei cinquant'anni molti hanno parlato presumendo di sapere che cosa avesse detto o pensato o tramato Pierpaolo.

E' stato per me un maestro, prima di tutto di poesia. Le sue poesie hanno funzionato per me come viatico educativo, raccontano la vita, quella vera, la spiritualità profonda, l'amore.

Maestro nei suoi scritti politici, in tutto ciò che prevedeva e che oggi si realizza puntualmente: era un intellettuale a tutto tondo e non si lasciava intimorire da chi pretendeva di farlo tacere. I suoi film, crudi e fastidiosi sono stati lo specchio di una realtà che al mondo perbenista e borghese stava molto scomoda.

E poi che dire de Il sogno di una cosa, il nostro Friuli tanto amato. L'ho riletto da poco e rivedo i luoghi, amo questa terra, rivedo quel ragazzo assieme alla sua amata Susanna, l'amore per la madre, l'amore per la lingua friulana, per gli amici di paese.

Sono molto d'accordo con quanto dice Ascanio Celestini, oggi stesso la RAI ripropone "Museo Pasolini". Celestini sostiene che tutti vogliono far parlare Pasolini ma pochi attingono effettivamente a quello che ha scritto, e lui ha scritto tantissimo. Celestini cerca di dar voce al vero Pasolini, per questo mi sento di ringraziarlo. Del resto, anche Celestini fa teatro civile così come Pierpaolo faceva poesia civile.

Lo ricordo e rileggo Poesia in forma di rosa e si, aveva un rapporto particolare con la morte, anche con la sua di morte. Chissà se viene studiato Pierpaolo alle superiori, chissà ...

(1)Chi vive ancora per la strada di San Giovanni, dietro quei muri persi nell'aria ghiacciata? Batte una campana. Sono morto. Tratto da La nuova gioventù, Torino, Einaudi 1975, parte prima: La meglio gioventù (1941-43) p 19




VIOLENZA SULLE DONNE: UNA GIORNATA PER DIRE “DEVO ESSERE LIBERA DI DECIDERE”

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